Le Eccellenze

Il Miracolo della Mannaja

Tutti i personaggi storici di Pietralunga rivivono con il corteo storico medievale che sfila per il borgo antico in occasione del Palio della Mannaja, una manifestazione che si svolge la 2° domenica di Agosto.
E’ la festa più importante di Pietralunga e rievoca un fatto storico accaduto a l'11 Settembre 1334, quando un certo Giovanni di Lorenzo di Picardia (Francia), per recarsi in pellegrinaggio a Lucca (Volto Santo), passando per Pietralunga, veniva ingiustamente accusato di avere ucciso un uomo e di conseguenza condannato a morte. Il povero uomo si rivolse fiducioso al Volto Santo tanto che, quando il boia tentò di tagliargli il collo con la mannaja, questa si rivoltò. 
La manifestazione si svolge utilizzando costumi di tipo medioevale e con il coinvolgimento attivo di tutta la popolazione del comune garantendo così un'atmosfera folcloristica.
La città si suddivide in rioni e quartieri e si sfida nella tradizionale corsa del biroccio, contendendosi il premio spingendo per le vie del centro storico un pesantissimo carro (il Biroccio), antico mezzo di trasporto dei condannati a morte, in una vera e propria corsa a tempo molto entusiasmante.
Il paese per l'occasione si addobba a festa; nel centro storico e nelle vie principali si aprono le botteghe artigiane, le taverne e le locande, dove si potranno ammirare ed acquistare prodotti dell'artigianato locale, degustare cibi della gastronomia locale, il tutto accompagnato da tanta ospitalità

La Sacra Spina a Montone

La storia
Le sante spine sono il simbolo estremo della passione di Gesù Cristo, segno di una regalità autentica, paradossale rispetto a quelle umane. La storia della corona di Cristo è densa di suggestioni. Il ritrovamento delle reliquie della passione è attribuito a Sant'Elena madre dell'imperatore Costantino, la quale durante un pellegrinaggio sul Golgota, rinvenne la croce e i  chiodi della crocefissione. La corona di spine sembrerebbe non far parte del ritrovamento. Tuttavia le prime spine di cui si ha notizia sono quelle donate da S. Elena nel 323 a Roma, provenienti da Gerusalemme dove la corona restò certamente fino al IV secolo, presenza confermata da S. Paolino da Nola. Nel 1204 la corona di Cristo era venerata a Costantinopoli nella cappella di Santa Maria del Faro. Da questo momento la reliquia divenne oggetto di trattative e scambio. Nella cristianità del XIII secolo, grande manifestazione di devozione, e fonte di grande prestigio è il possesso di reliquie, pertanto la corsa al collezionismo da parte di re, stati, città, creò un vero e proprio mercato capace di far lievitare i prezzi di quelle più rare e, cosa di non minor conto, capace di favorire le falsificazioni. L'imperatore di Costantinopoli, Baldovino II, per far fronte alle spese di guerra, ottenne un prestito dai veneziani offrendo in pegno la Corona di spine, alla scadenza del pegno Luigi IX di Francia, il re santo, offrì a Baldovino II il riscatto per la Corona che in questo modo sarebbe stata trasportata in Francia. I veneziani non accettarono di buon grado l'idea di essersi fatti sfuggire di mano una tale insigne reliquia e dopo lunghe trattative ottennero che la Corona fosse trasportata a Venezia, perché la città godesse dei benefici, seppur temporanei, della sua presenza: la protezione, i favori, il prestigio. Trasportata infine a Parigi, in una solenne processione penitenziale, il re a piedi nudi e vestito da penitente consegna la Corona all'arcivescovo. A glorioso reliquiario San Luigi fece erigere, nel 1248, la Sainte-Chapelle, e non perse l'occasione di associare la gloria del re a quella di Dio.
La corona è oggi custodita a Notre Dame ed è un serto senza spine.
La sagra spina e montone 
Tra il 1470 e il 1477 Carlo Fortebracci, conte di Montone, per le sue virtù militari, ereditate di certo dal padre Braccio, combatteva al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia, qui ricevette in dono una Spina della Corona del Cristo, la portò in dono a Montone e ne decretò la festa il Lunedì dell'Angelo.La leggenda racconta che la Spina fiorisse il Venerdì Santo emanando un dolcissimo profumo. Il richiamo della reliquia era talmente grande, i pellegrini tanto numerosi, che nei primi anni del '600, per motivi di ordine pubblico, fu ordinata una seconda ostensione. Dal 1798, quando la chiesa di S. Francesco fu incendiata, la Spina nel suo prezioso reliquiario è custodita dalle suore del Convento di S. Agnese. Se ne festeggia l'ostensione il Lunedì dell'Angelo e la penultima domenica di Agosto in un clima intriso di religiosità popolare e storia. 
Donazione della sagra spina
In un clima infuocato dal sole di agosto, gli animi si scaldano e i tre rioni di Montone, Borgo, Monte e Verziere, si affrontano lanciandosi sfide, riproducendo scene di vita medioevali e cimentandosi nel tiro con l'arco, per aggiudicarsi il palio e la Castellana: Margherita Malatesta di Rimini, moglie del Conte Carlo che governava in sua assenza la città di Montone.
Come in ogni sfida che si rispetti, le prove danno diritto a punteggi che in alcuni casi restano segreti fino alla penultima giornata, e questo fa sì che la tensione salga al massimo perché in ognuno dei tre rioni resta viva la speranza di conquistare il palio e la Castellana.
È possibile, durante il giorno imbattersi nelle fasi di preparazione dei vari rioni, trovarsi in mezzo all'ambiente caotico e frenetico che accompagna l'allestimento delle scenografie, l'organizzazione delle comparse, per poi ritrovarsi a tarda sera in un luogo del tutto irriconoscibile e quasi irreale. È sempre grazie alla capacità e all'esperienza dei rionali, che con mano sapiente ormai da anni allestiscono le caratteristiche taverne rionali, che è possibile immergersi totalmente nell'atmosfera suggestiva e riscoprire suoni e sapori antichi. 

Palazzo Fiorucci a Pietralunga

Il palazzo di proprietà privata è stato costruito nel 1612 sopra le mura di cinta della città da Giovan Giacomo Fiorucci, detto il Magnifico, e da suo fratello Don Orazio, Arciprete di Pietralunga. La storia del cognome Fiorucci ha origine alla fine del 1400 quando, un certo Biagio di Meo, di nobile famiglia, cessò di vivere il 16 settembre del 1442, all’età di 41 anni, lasciando tre bambini in tenera età: Calorio di anni 6, Pinello di anni 3, Simone di 1 anno e sua moglie Fiammetta di Sante. La madre Fiammetta volendo dimostrare il grande amore che aveva per i suoi figli decise di commissionare il grande camino che si trovava nella casa di campo Colici, con scolpito il simbolo raffigurante i Tre Fiori, il cui gambo è stretto da una mano indubbiamente femminile. In quei tempi era costumanza delle ricche famiglie di Pietralunga, i Martinelli, i Felicchi, gli Urbani, far costruire camini nelle proprie abitazioni con tanto di stemmi. Non vi è dubbio che i Tre Fiori stanno a rappresentare, per Fiammetta, i suoi tre figli, tenuti uniti dall’affetto materno. In principio, a causa della simbologia dello stemma, Fiammetta, fu soprannominata “La Fioruccia”, poi in breve tempo tale soprannome si ingentilì in Fiorucci ed i tre fratelli lo assunsero come cognome della famiglia. Ciò avveniva attorno il 1510.

Palazzo Comunale di Pietralunga

Il Palazzo Comunale è stato edificato sopra una parte del mastio della fortificazione longobarda, tra il 1498 e il 1502, su commissione di Mons. Giulio Vitelli, come sede di rappresentanza dell’ Arcipretura pietralunghese. Successivamente venne utilizzato dal Sacro Ordine dei Cavalieri di Malta e fino al 1888, quando divenne sede del MUNICIPIO di Pietralunga. All’interno, nelle sale più importanti, sono conservati alcuni camini sui quali è scolpito lo stemma della famigli Vitelli. I Vitelli furono storicamente la famiglia più importante di Città di Castello. Assunsero la Signoria della città nel XV e XVI secolo e la abbellirono con numerosi edifici, il loro dominio arrivava fino al nostro comune. Mentre all'esterno si nota subito lo stemma dei Fiorucci.
 

La Pieve di Santa Maria a Pietralunga

Sul fondo di Piazza Fiorucci si erge, maestosa, la Pieve di Santa Maria, la Chiesa parrocchiale di Pietralunga. Molti documenti attestano l’antichità della sua fondazione. L’odierna facciata della chiesa è il frutto di una sostanziale modifica, eseguita ai primi del ‘900, che ha comportato l’abbattimento dell’abside per far posto a questa nuova entrata principale e la chiusura di quella originaria. All’interno, la chiesa si presenta a pianta rettangolare irregolare con un’unica navata, semplice e disadorna, interrotta solo da grossi costoni che sorreggono le volte ad ogiva. L’abside originaria era a forma circolare, rialzata rispetto al piano di calpestio e raggiungibile da una serie di scalini; è stata demolita, come abbiamo detto, per far posto alla nuova entrata. L’attuale presbiterio piatto e quadrato, è stato realizzato nell’area dell’antico ingresso. Sulla parete di destra della navata si può notare un affresco, interessante opera attribuita a Raffaellino del Colle, raffigurante il martirio di San Sebastiano, mentre all’interno del presbiterio è conservata la copia del Polittico di Ottaviano Nelli, illustre pittore eugubino del XV secolo,opera proveniente dalla Chiesa di S. Agostino, conservata presso la Galleria Nazionale dell’Umbria.
 Il Campanile
All’esterno si può notare la massiccia costruzione del campanile, realizzato nel 1933.
• La chiesa del Gonfalone
Di fronte all’entrata del Campanile si può vedere, oggi non più officiata, la chiesa del Gonfalone dove, nei secoli passati, venivano celebrati anche i Consigli generali della Comunità.
• Il Portale romanico
Più avanti, sulla destra, si possono ammirare il rosone superiore ed il bel portale romanico, che fino alla fine dell'ottocento, come abbiamo detto, era l’ingresso principale della Pieve. Purtroppo, durante la seconda guerra mondiale questa magnifica opera d'arte fu compromessa seriamente.Sul fianco destro, all’altezza di circa tre metri, un’iscrizione in caratteri gotici attesta la vetustà dell’edificio con le seguenti parole:
CORRUIT HAEC PLEBS SUB CHRISTI MILLEDUCENTIS ET SEMPTEM DENIS ADIUNCTIS HIISQUE NOVENIS ET REPARATA FUIT SUB EODEM TEMPORE CHRISTI HUIUS RECTOR ERAT UGOLINUS NOMINE DICTUS
(Crollo questa Pieve nel 1279, e fu subito riparata in tempo in cui era Arciprete Ugolino)

I Palazzi signorili di Pietralunga

I palazzi signorili sono notoriamente i palazzi delle famiglie più facoltose e nobili che hanno costituito una parte importante della storia di Pietralunga:
La casa dei “Felicchi” e dei “Bonari” con gli stemmi del Beato Buccio Bonori nato a Pratalonga nel 1323 Giurisperito (esperto di diritto, che da pareri su determinate questioni) gli venne affidato l’incarico di amministrare la giustizia presso il tribunale locale. I priori e il consiglio del popolo lo invitarono a risolvere gravi questioni giudiziarie a Città di Castello. Divenne Vescovo famoso nella sua epoca (XIV° sec.), gli venne anche assegnato, come Legato pontificio, il caso di risolvere le controversie tra guelfi e ghibellini. L’arma dei Bonori è lo stemma con i leoni e la croce. Negli altri vi è il pastorale e il mitria.
La casa degli “Urbani” con la relativa scritta sul portale “ab Urbanis Urbana semper”
La casa dei “Martinelli”, una complessa ed elegante costruzione posta ad angolo tra Corso Matteotti e Via S. Agostino.

Convento e chiesa di S.Agostino a Pietralunga

L'importante e imponente complesso del Convento di Sant’ Agostino risale al XIII secolo e fino alla metà del XVII secolo, quando il convento venne soppresso e trasferito a Cantiano, cittadina in provincia di Pesaro, ha svolto una funzione vitale nella vita sociale e religiosa della Comunità pietralunghese.
All’interno della Chiesa, sopra l’altare maggiore, era conservato il “POLITTICO” di Ottaviano Nelli, una delle migliori opere del pittore eugubino, che aveva dipinto qui a Pietralunga nel 1403 e conservato presso la Galleria Nazionale dell’Umbria. Gli agostiniani si trasferirono qui perché Pratalonga aveva raggiunto in quei anni un discreto grado di autonomia politica, economica e sociale. Vi erano le condizioni adatte per garantire una sicura permanenza ai religiosi e le importanti via che vi passavano offrivano la possibilità di assistere i viandanti e propagare l’ordine religioso in altri luoghi dell’Umbria e delle Marche.

Il Museo comunale di Montone

Il museo, inaugurato nel 1995, ha sede nella Chiesa e nel Convento di San Francesco. Nella chiesa, opportunamente restaurata, è stata ricollocata parte dell’originario arredo, mentre gli annessi spazi conventuali sono stati destinati all’esposizione di dipinti, sculture e suppellettili provenienti da chiese del borgo e divenuti di proprietà comunale a seguito della confisca dei beni delle corporazioni religiose. Tra le opere di maggior pregio: la Madonna della Misericordia, l’Annunciazione e l’Immacolata. Dell’arredo originario della chiesa rimangono il coro ligneo della fine del XV secolo e il bancone dei Magistrati. Altre pregevoli opere andarono disperse tra la fine del Settecento e il secolo successivo: tra queste, il codice miniato commissionato nel 1469 da Carlo Fortebracci e da sua moglie Margherita Malatesta, la Madonna e santi dipinta da Berto di Giovanni nel, 1507 per l’altare maggiore, attualmente divisa tra la Casa di Raffaello ad Urbino e il Buckingham Palace di Londra; ed infine, la tavola realizzata nel 1515 da Luca Signorelli per la cappella De Rutanis, oggi esposta alla National Gallery di Londra.

Le Ruderi di Rocca di Braccio a Montone

Morto Braccio da Montone, il figlioCarlo, Generale della Repubblica Veneziana, tormentava Papa Sisto IV della Rovere devastando le terre dello Stato Pontificio.
Per questo motivo il papa inviò a Montone un suo Legato Lorenzo Giustini con 600 terrazzani (guastatori), che in tre giorni e tre notti distrussero ilCastello e la Rocca fatti costruire da suo padre Braccio nel 1478.
“…andarono a Montone e distrussero le mura e perfino la casa del Conte Carlo, che era delle più belle e magnifiche d’Italia, fatta da Braccio suo padre …”
[P. Pellini, Historia di Perugia, Venezia 1664, vol 2 pag, 769]. 

La Porta del monte a Montone

La Porta del Monte dal giallo del rione è facilmente riconoscibile e durante la festa si dipinge di verde delle bandiere che riempono i vicoli di questa parte dell’antico castello.
Il rione si identifica con quella che era la parte del castello in cui risiedevano i notabili del luogo.
In essa, infatti si trovano ancora le dimore delle famiglie più nobili del tempo, che con alterne vicende si sono contese, favorite di volta in volta da alleanze diverse, la signoria sul paese.
Non distanti tra loro si trovano, la rocca di Braccio Fortebracci e la dimora della famiglia degli Olivi. 
 

La Porta del verziere a Montone

Arrivando a Montone la vista si apre sulle mura inespugnabili e poderose del paese, impreziosite dall’arco della Porta del Verziere.
La porta si apre verso sud, il significato del suo nome è legato alla principale attività dei suoi antichi abitanti che producevano “verzure”.
Questa porta è l’ingresso dell’antica via carraia, l’unica strada del castello sufficientemente larga da consentire il passaggio dei carri che dalla campagna rifornivano il borgo di prodotti d’ogni genere.

La Pieve di San Gregorio a Montone

L'antica collegiata dei Canonici, un tempo intitolata al patrono San Giovanni Battista (per la presenza al suo interno di un'antica fonte battesimale), sorge lungo la valle del torrente Lana ai piedi dell'ex monastero di San Francesco (un tempo Castro Veteri).
Sin dall'inizio la Pieve ebbe la funzione di ospitare viandanti e pellegrini. Ha una struttura romanica-bizantina e fu parzialmente modificate nel corso degli anni. È una costruzione fortificata a tre navate, divise da pilastri di mattoni ed archi abbinati, edificata in stile romanico, probabilmente su un precedente edificio, del quale resta un fregio lapideo collocato in una spalletta della monofora centrale dell'abside. L'abside maggiore ospita un'edicola lignea dorata, finemente lavorata, che un tempo ospitava le quattro statue lignee policrome del Cristo deposto, della Vergine, di san Giovanni Evangelista e di Giuseppe di Arimatea, tutte di epoca duecentesca, ospitate oggi nel locale museo civico. Le due navate laterali si chiudono con due edicole rinascimentali in pietra serena.

La Chiesa della Madonna delle Grazie a Montone

Vicino alla Pieve di San Gregorio si trova la Chiesa della Madonna delle Grazie dove in tempi antichissimi era venerata l’immagine della Vergine.
Il nome della chiesa si deve in onore delle grazie ricevute da alcune persone nel 1578.
In particolare si ricorda l’episodio di un uomo che convinto di essere colpito dalla mala sorte scagliò un oggetto contro l’edicola colpendo l’immagine della Madonna; il volto cominciò a sanguinare e l’uomo, rimasto sgomento, chiese perdono e fece voto di andare a elemosinare in giro per costruire una chiesa in simbolo di riparazione del gesto commesso. 

La Collegiata a Montone

La sistemazione definitiva della Chiesa Collegiata di Montone, si ebbe con i restauri del Canonico Pazzaglia nel 1661 che trasformarono la originaria struttura trecentesca in stile barocco. La chiesa si presenta a croce latina, termina con un’abside circolare; sulle sue pareti, sopra il Coro vi sono raffigurati i 12 Apostoli affrescati dal fiorentino Parenti. Al centro una fuga di nuvole con discesa dello Spirito Santo, sopra una tela raffigurante San Gregorio Magno (Santo Patrono della città) nell’atto di scrivere i Dialoghi, sotto lo sguardo della Vergine in Trono con Bambino in grembo. Sovrasta tutta la navata un grandioso soffitto a cassettoni in legno dorato (chiaro è il richiamo al Duomo di Città di Castello) con al centro una tela raffigurante la Vergine;  fra il cornicione ed il soffitto sono raffigurati 4 episodi relativi alla vita della Vergine. Le due Cappelle, l’una a sinistra del SS. Sacramento dalla quale assistono alle funzioni religiose le Suore Clarisse del Monastero di S. Agnese, custodi del preziosissimo Reliquiario contenente la S. Spina, donata al popolo di Montone dal Conte Carlo Fortebracci nel 1478, l’altra del SS. Rosario. Sopra la porta attraverso la quale si accede alla sacrestia si trova “L’Ultima Cena” di Dionigi Calvaert del 1611.

La Chiesa di Santa Croce a Montone

Situata nella piazza principale del borgo, la chiesa di Santa Croce è di origine monastica e fra le più antiche.
Un documento testimonia infatti la donazione nel 1170 del terreno su cui doveva essere costruita dai Benedettini del Monastero di San Bartolomeo di Camporeggiano.
Il monastero deriva dall’altro Monastero più antico di Fonte Avellana, dove visse e morì Sant’Albertino da Montone Priore Camaldolese di Fonte Avellana, invocato come protettore per la guarigione dalle ernie.
Il Vescovo Muzi nella sua prima Visita Pastorale accenna ad un’opera d’arte qui contenuta che era “L’Ultima Cena” del fiammingo Dionigi Calvaert, ora visibile in Collegiata.

La Chiesa di San Francesco a Montone

Edificata nel primo Trecento secondo gli stilemi architettonici degli ordini mendicanti, la chiesa, a navata unica sormontata da capriate lignee, si chiude con un luminoso abside poligonale con volte a costoloni riccamente affrescate.
Gli affreschi, che interessano anche le pareti dell'edificio, sono ascrivibili a quattro successivi cicli pittorici.
La chiesa fu a lungo patronato dei Fortebracci e poi dei Malatesta, che commissionarono le decorazioni interne.
Gli affreschi dell’abside, realizzati tra il 1423 e il 1424 dal ferrarese Antonio Alberti e raffiguranti episodi della Vita di San Francesco e scene del Giudizio finale, vennero commissionati da Braccio da Montone, ricordato dal suo stemma, il montone tra due ghepardi, e da quelli delle città a lui sottomesse.
A Carlo, figlio di Braccio, si deve la realizzazione dell’altare della parete sinistra e al generoso contributo di Margherita Malatesta, moglie di Carlo, si deve forse l’ultimazione del corrispondente altare della parete destra, destinato ad ospitare il gonfalone di Bartolomeo Caporali oggi nel museo.

Monastero S. Agnese a Montone

La genesi del monastero di “S. Agnese” è da porre in relazione con la diffusione del Terz’Ordine francescano femminile, introdotto nell’Alta Valle Tiberina, al principio del Quattrocento dalla Beata Angelina da Marsciano.
Esisteva anche a Montone, documentata fin dal 1492, una comunità di donne laiche che desideravano vivere il Vangelo, secondo l’esempio di S. Francesco d’Assisi, in povertà e castità. Maturò lentamente tra le religiose il progetto di vivere in comunità, ma solo nel 1560, grazie al contributo concesso dalle autorità locali, le terziarie montonesi riuscirono ad acquistare delle case e a ristrutturarle: si tratta dell’immobile che corrisponde all’attuale monastero di via Roma. In seguito le religiose, sempre attente ai bisogni della popolazione, accolsero nei propri ambienti l’asilo infantile e per quasi vent’anni i bambini di Montone, in età prescolare, sono passati dal nostro Monastero.